In tutti i reparti dell’ospedale lavoravano più di 150 persone. Alcune vennero trasferite da altre unità militari, ma vi erano anche molti che furono portati all’ospedale malati o feriti, e dopo le cure iniziarono ad aiutare a loro volta il personale. Prima dell’inizio della guerra queste persone svolgevano professioni diverse. La maggior parte di loro erano operai, fattori o artigiani, ma c’erano anche studenti e impiegati. Le circostanze li portarono a diventare infermieri, costruttori, economi: mestieri utili in tempi di guerra.
Antonio Ciccarelli nacque nel 1914 a Novara, città del Piemonte, una regione del Nord Italia. Dopo la scuola media, che frequentò a Gorizia, continuò gli studi nella facoltà di medicina dell’Accademia militare. Terminati gli studi fu abilitato alla professione e inviato, tra l’altro, a Creta dove svolse le funzioni di tenente e medico. In seguito diventò dirigente del servizio medico all’aeroporto di Merna. Nel settembre del 1943, dopo la capitolazione italiana, si unì ai partigiani sloveni. Ai tempi del fronte di Gorizia, essendo l’unico dottore nell’entroterra, eseguì interventi chirurgici pur non essendo un chirurgo. All’inizio si stabilì a Vogersko, nell’ospedale del dottore partigiano Aleksander Gala – Peter, in seguito si spostò a Čekovnik, dove lavorò con Tratnik e dove fu fondato l’ospedale partigiano Pavla. Da lì fu ricollocato nella divisione ospedaliera di Pavla, Jagršče. Dal 1° aprile 1944 al 19 gennaio 1945 diresse le divisioni “Pokljuka” e “Š Stol I” sul Jelovica, entrambe amministrate dall’ospedale partigiano Franja. Dopo il 19 gennaio 1945 e fino alla fine della guerra rimase dirigente del servizio sanitario nella divisione Garibaldi Natisone, che operava all’interno del IX corpo. Durante tutti gli spostamenti fu accompagnato da Costanzo, un infermiere del quale divenne grande amico. A guerra finita entrò nell’esercito italiano dove ottenne il grado di tenente generale e ricoprì anche il ruolo di comandante sanitario dell’aeronautica militare italiana. Dopo il pensionamento visitò spesso la Slovenia e rimase in contatto con il personale degli ospedali e anche con i feriti che aveva fatto ricoverare. Una volta, durante un’intervista, gli fu chiesto come mai un medico italiano avesse deciso di rimanere con i partigiani sloveni anche dopo la caduta della propria patria. Per lui, la risposta fu semplice: “vi erano feriti nuovi che avevano bisogno del mio aiuto in ogni momento.”